Antonino
Saggio
ARCHITETTURA
E MODERNITA’
Dal
Bauhaus alla rivoluzione informatica
Carocci, Roma
2010
GLI ANNI DEI CONTESTI
E DEI PALINSESTI:
1978-87
1978-87
Il periodo
degli anni ’80 si estende effettivamente dal 1978 al 1989. La prima data è
legata ad una serie di eventi, di cui quelli fondamentali sono:
- a livello mondiale, l’elezione al pontificato del cardinale polacco Karol Wojtyla, primo papa non italiano dopo oltre 400 anni, eletto dopo il brevissimo pontificato di papa Luciani (33 giorni);
- a livello nazionale, il rapimento e l’uccisione (15 aprile) dello statista Aldo Moro che da inizio ad un rifiuto generale degli pseudo - valori delle Brigate Rosse.
In questo
contesto, l’architettura affronta un periodo di sperimentazioni e ricerche che
vanno oltre il concetto di macchina, di interpretazione personale, di rifondazione,
di Big Bang. Gli anni ’70 sono gli anni di rivendicazione del significato e
dell’autonomia dell’architettura che si evolve poi, negli anni ’80, in una
presa di coscienza che le risorse e il territorio non si estendono all’infinito
ma sono limitati e quindi devono essere impiegate in modo intelligente. È da
questo momento in poi che si inizia a parlare di AMBIENTE e del suo rapporto
con l’architettura.
Quindi il CONTESTO diventa un LEITMOTIV che rivolge particolare
attenzione alla morfologia del sito, si riferisce al quadro sociale, storico e
culturale, da vita all’idea di contesto
come rete mutevole che crea il campo per una nuova architettura.
Navigando in rete, alla parola ambiente corrispondono numerose immagini. Le più significative, a mio avviso, sono queste, in quanto la prima esprime a pieno la necessità di trattare in modo migliore l'ambiente, e la seconda esprime la "supremazia" della natura sull'artificio dell'uomo.
Un altro
evento importante del 1978 è la mostra “Roma
Interrotta” che segna un momento essenziale del dibattito sull’architettura
in quanto, grazie anche al sindaco Giulio Carlo Argan e all’artista Christo,
il patrimonio storico - artistico diventa parte integrante della vita culturale
della popolazione in cui la cultura antica si miscela con l’arte contemporanea.
Ulteriore dimostrazione di questa co-partecipazione
proviene dall’esposizione alla mostra della pianta di Roma del Nolli (risalente
al 1748) che ribadisce l’indissolubile legame tra architettura e contesto,
identificato come “scena” poiché il modo in cui gli elementi vengono
rappresentati affermano la capacità dell’architettura di creare il suo spazio
urbano.
Paolo
Portoghesi ritiene inoltre ineluttabile la presenza della natura e del
paesaggio nella conformazione del nuovo spazio urbano e dei nuovi tessuti e la
presenza della sezione come motivo generatore. Invece Alessandro Anselmi
e Franco Purini insistono sul tema “storia
e memoria” come elementi fondamentali per creare una stratificazione del
tessuto urbano attraverso il riuso delle tracce della civilizzazione
precedente.
Il tema del
contesto ha assunto importanza non solo a Roma ma anche a Berlino, soprattutto
grazie all’Internationale Bauausstellung Berlin (IBA, Società di
progettazione). Il tema centrale resta il rapporto tra l’architettura e lo
spazio pubblico che viene affrontato riproponendo lo spazio perimetrale e la struttura
ad isolati cercando di trasformare i limiti dell’isolato raggiungendo una nuova
dimensione “geografica”. La prima città che raggiunge questo obiettivo è Parigi
in cui viene proposta una successione di spazi urbani, definita “isolato aperto”, caratterizzati da spazi
commerciali e di servizio ai piani bassi e da abitazioni di dimensioni diverse
ai livelli superiori.
Anche in
questo caso si tiene in forte considerazione il tema della continuità con lo
spazio circostante. Negli anni ’80 iniziano ad emergere nuove interpretazioni
del contesto, ancora più complesse.
Le principali sono 3:
- i palinsesti;
- i paesaggi residuali;
- la tessitura.
PETER EISENMAN E I PALINSESTI
Eisenman da
vita ad un filone di ricerca che parte da una sua crisi in parte personale e in
parte generale. Da questa ricerca emerge la necessità di creare un tracciato, ossia uno strumento che
possa riscoprire le ragioni dell’architettura
archeologica come se si dovesse disseppellire la storia di un luogo scoprendo
nuovi elementi abbandonati o perduti. Su questa idea si basa la proposta per il
Parco de La Villette. Poco dopo però, non ancora soddisfatto del suo lavoro, la
sua ricerca si orienta verso quello spazio “tra” le cose, definito BETWEEN,
che viene espressamente realizzato nel Wexner Center e nel Museo d’Arte
dell’Università della California. Questo between rappresenta una
costruzione-percorso che trasforma lo spazio di risulta nel fulcro
dell’edificio, da cui si snodano i percorsi e i fatti espositivi, gli accessi e
tutti gli elementi di programma dell’edificio stesso.
FRANK
O. GEHRY E I PAESAGGI RESIDUALI
Gehry pone al
centro della sua riflessione il tema del CHEAPSCAPE, ossia la componente materiale
della quotidianità per cui si arriva a vedere l’architettura come costruzione,
assemblaggio di diversi elementi. È un nuovo linguaggio in cui è l’intero mondo
ad essere coinvolto nel processo di progettazione. Nel 1984 concepisce un
progetto del tutto innovativo, l’Edgemar Complex a Santa Monica, fondato sulla
separazione delle componenti e sulla conseguente scoperta degli spazi
“inediti”. Diventa quindi importante non l’edificio in se per se, bensì lo
spazio che esso crea con gli altri edifici circostanti perché è proprio dallo
spazio residuale che può emergere il valore di arte urbana.
ZAHA
HADID E IL PAESAGGIO DELLE
TESSITURE
Zaha Hadid ha
una visione del contesto che coincide proprio con il paesaggio stesso che viene
interpretato, per sua definizione, come TESSITURA, intreccio. Per l’architetto dipingere
vuol dire creare uno spazio mentale, trasformato poi in spazio fisico e spazio
architettonico. Da qui deriva la conclusione di Zaha Hadid che edificio e
paesaggio appartengono alla stessa logica formativa e quindi l’architettura
deve comprendere paesaggio, natura e costruito. È da qui che ci si rende conto
che l’ambiente e le risorse reali hanno un limite. Lo studio della Hadid si
orienta quindi verso una forma di architettura a metà tra edificio e articolazione
infrastrutturale del paesaggio.
Zaha Hadid, The Peak, Hong Kong, 1983 |
"Il suprematismo, l'ultimo stile moderno, è
riapparso dopo un'assenza di 50 anni in una nuova guisa, non per ereditare il
ruolo dell'avanguardia ma per verificare, come i formalisti russi
...intendevano, l'autonomia dello stile e cosa lo stile potesse ottenere, senza
aiuti esterni. Le leggi dello sviluppo dello stile hanno così violato e
decostruito il programma architettonico (del concorso). In altre parole, a
differenza dei metodi precedenti di composizione architettonica i quali si
basavano su richieste formalmente astratte alle quali dare risposta
architettonica, questo stile attiva quelle forze interne proprie dello stile
stesso le quali producono la creazione di un arrangiamento compositivo senza
uguali."
Arata Isozaki, Zaha
M. Hadid, in G.A. n.5, Tokyo, A.D.A. Edita, 1986
L'opera prescelta: IBA
BLOCK, ZAHA
HADID
Nell’ IBA di
Berlino (1986-93), la Hadid si rifiuta di proporre il solito blocco continuo e
lineare. Si basa quindi sullo studio del rapporto tra edificio e città creando
un nuovo landmark che dinamizza il contesto: infatti da una parte realizza un
corpo basso di case a schiera su una base commerciale e dall’altra realizza un
angolo estremamente “tagliente” che ricorda la prua di una nave e che rimane
abbastanza impressa nella mente del cittadino e del turista.
CREDITS:
è un
complesso caratterizzato da 11 alloggi duplex in linea e da una torre di 7
piani che fuoriesce a sbalzo dalla struttura vetrata della base. Questa torre è
rivestita di pannelli metallici color bronzo che creano effetti di luce
cangianti. Vengono utilizzate superficie reciprocamente inclinate che, a
seconda del punto di osservazione, sembrano spostarsi. La parte più innovativa
è la torre angolare sghemba e incombente sulla via, il cui profilo tagliente,
simile alla prua di una nave, è ottenuto dall’accostamento di due superfici. La
prima, piena e pesante, è la parete rivestita da fasce di metallo anodizzato
che inquadrano le aperture delle finestre. La seconda, leggera e trasparente, è
formata da una vetrata continua da cui i soggiorni degli appartamenti si
affacciano sulla città. L’edificio si relazione con violenza nei confronti
della città esistente.
Dal punto di
vista compositivo, il blocco è stato destrutturato in due volumi che si
scontrano in modo disordinato tra loro, sembrano fluttuare nello spazio con
finestre e pareti di sbiego tanto da trasformare la costruzione in una scultura
“abitabile”. Zaha Hadid propone inoltre il recupero di frammenti della
tradizione moderna e razionalista (tetto-giardino, cellule duplex, scomposizione
neoplastica).
Con questo edificio Zaha Hadid propone un’architettura che costringe a cambiare continuamente punto di
vista stabilendo di conseguenza sempre nuove relazioni con il contesto.
I volumi instabili che sembrano scontrarsi, la
fragilità statica dell’insieme, i colori e i materiali, le
pareti inclinate, le lastre sospese, gli spigoli acuti come lame intendono
comunicare metaforicamente la precarietà della vita contemporanea.
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