sabato 21 aprile 2012

ARCHITETTURA E MODERNITA’


Antonino Saggio
ARCHITETTURA E MODERNITA’
Dal Bauhaus alla rivoluzione informatica
Carocci, Roma 2010













GLI ANNI DEI CONTESTI E DEI PALINSESTI: 
 1978-87

Il periodo degli anni ’80 si estende effettivamente dal 1978 al 1989. La prima data è legata ad una serie di eventi, di cui quelli fondamentali sono:
  • a livello mondiale, l’elezione al pontificato del cardinale polacco Karol Wojtyla, primo papa non italiano dopo oltre 400 anni, eletto dopo il brevissimo pontificato di papa Luciani (33 giorni);
  • a livello nazionale, il rapimento e l’uccisione (15 aprile) dello statista Aldo Moro che da inizio ad un rifiuto generale degli pseudo - valori delle Brigate Rosse.



In questo contesto, l’architettura affronta un periodo di sperimentazioni e ricerche che vanno oltre il concetto di macchina, di interpretazione personale, di rifondazione, di Big Bang. Gli anni ’70 sono gli anni di rivendicazione del significato e dell’autonomia dell’architettura che si evolve poi, negli anni ’80, in una presa di coscienza che le risorse e il territorio non si estendono all’infinito ma sono limitati e quindi devono essere impiegate in modo intelligente. È da questo momento in poi che si inizia a parlare di AMBIENTE  e del suo rapporto con l’architettura.
Quindi il CONTESTO diventa un LEITMOTIV che rivolge particolare attenzione alla morfologia del sito, si riferisce al quadro sociale, storico e culturale, da vita all’idea di contesto come rete mutevole che crea il campo per una nuova architettura




Navigando in rete, alla parola ambiente corrispondono numerose immagini. Le più significative, a mio avviso, sono queste, in quanto la prima esprime a pieno la necessità di trattare in modo migliore l'ambiente, e la seconda esprime la "supremazia" della natura sull'artificio dell'uomo. 



Un altro evento importante del 1978 è la mostra “Roma Interrotta” che segna un momento essenziale del dibattito sull’architettura in quanto, grazie anche al sindaco Giulio Carlo Argan e all’artista Christo, il patrimonio storico - artistico diventa parte integrante della vita culturale della popolazione in cui la cultura antica si miscela con l’arte contemporanea. Ulteriore dimostrazione di questa co-partecipazione proviene dall’esposizione alla mostra della pianta di Roma del Nolli (risalente al 1748) che ribadisce l’indissolubile legame tra architettura e contesto, identificato come “scena” poiché il modo in cui gli elementi vengono rappresentati affermano la capacità dell’architettura di creare il suo spazio urbano.

Paolo Portoghesi ritiene inoltre ineluttabile la presenza della natura e del paesaggio nella conformazione del nuovo spazio urbano e dei nuovi tessuti e la presenza della sezione come motivo generatore. Invece Alessandro Anselmi e Franco Purini insistono sul tema “storia e memoria” come elementi fondamentali per creare una stratificazione del tessuto urbano attraverso il riuso delle tracce della civilizzazione precedente.
Il tema del contesto ha assunto importanza non solo a Roma ma anche a Berlino, soprattutto grazie all’Internationale Bauausstellung Berlin (IBA, Società di progettazione). Il tema centrale resta il rapporto tra l’architettura e lo spazio pubblico che viene affrontato riproponendo lo spazio perimetrale e la struttura ad isolati cercando di trasformare i limiti dell’isolato raggiungendo una nuova dimensione “geografica”. La prima città che raggiunge questo obiettivo è Parigi in cui viene proposta una successione di spazi urbani, definita “isolato aperto”, caratterizzati da spazi commerciali e di servizio ai piani bassi e da abitazioni di dimensioni diverse ai livelli superiori.
Anche in questo caso si tiene in forte considerazione il tema della continuità con lo spazio circostante. Negli anni ’80 iniziano ad emergere nuove interpretazioni del contesto, ancora più complesse. 
Le principali sono 3:
  •         i palinsesti;
  •         i paesaggi residuali;
  •         la tessitura.    




PETER EISENMAN E I PALINSESTI 

Eisenman da vita ad un filone di ricerca che parte da una sua crisi in parte personale e in parte generale. Da questa ricerca emerge la necessità di creare un tracciato, ossia uno strumento che possa riscoprire le ragioni dell’architettura archeologica come se si dovesse disseppellire la storia di un luogo scoprendo nuovi elementi abbandonati o perduti. Su questa idea si basa la proposta per il Parco de La Villette. Poco dopo però, non ancora soddisfatto del suo lavoro, la sua ricerca si orienta verso quello spazio “tra” le cose, definito BETWEEN, che viene espressamente realizzato nel Wexner Center e nel Museo d’Arte dell’Università della California. Questo between rappresenta una costruzione-percorso che trasforma lo spazio di risulta nel fulcro dell’edificio, da cui si snodano i percorsi e i fatti espositivi, gli accessi e tutti gli elementi di programma dell’edificio stesso.  




FRANK O. GEHRY E I PAESAGGI RESIDUALI

Gehry pone al centro della sua riflessione il tema del CHEAPSCAPE, ossia la componente materiale della quotidianità per cui si arriva a vedere l’architettura come costruzione, assemblaggio di diversi elementi. È un nuovo linguaggio in cui è l’intero mondo ad essere coinvolto nel processo di progettazione. Nel 1984 concepisce un progetto del tutto innovativo, l’Edgemar Complex a Santa Monica, fondato sulla separazione delle componenti e sulla conseguente scoperta degli spazi “inediti”. Diventa quindi importante non l’edificio in se per se, bensì lo spazio che esso crea con gli altri edifici circostanti perché è proprio dallo spazio residuale che può emergere il valore di arte urbana.






ZAHA HADID E IL PAESAGGIO DELLE TESSITURE    
  
Zaha Hadid ha una visione del contesto che coincide proprio con il paesaggio stesso che viene interpretato, per sua definizione, come TESSITURA, intreccio. Per l’architetto dipingere vuol dire creare uno spazio mentale, trasformato poi in spazio fisico e spazio architettonico. Da qui deriva la conclusione di Zaha Hadid che edificio e paesaggio appartengono alla stessa logica formativa e quindi l’architettura deve comprendere paesaggio, natura e costruito. È da qui che ci si rende conto che l’ambiente e le risorse reali hanno un limite. Lo studio della Hadid si orienta quindi verso una forma di architettura a metà tra edificio e articolazione infrastrutturale del paesaggio



Zaha Hadid, The Peak, Hong Kong, 1983
"Il suprematismo, l'ultimo stile moderno, è riapparso dopo un'assenza di 50 anni in una nuova guisa, non per ereditare il ruolo dell'avanguardia ma per verificare, come i formalisti russi ...intendevano, l'autonomia dello stile e cosa lo stile potesse ottenere, senza aiuti esterni. Le leggi dello sviluppo dello stile hanno così violato e decostruito il programma architettonico (del concorso). In altre parole, a differenza dei metodi precedenti di composizione architettonica i quali si basavano su richieste formalmente astratte alle quali dare risposta architettonica, questo stile attiva quelle forze interne proprie dello stile stesso le quali producono la creazione di un arrangiamento compositivo senza uguali."
Arata Isozaki, Zaha M. Hadid, in G.A. n.5, Tokyo, A.D.A. Edita, 1986 





L'opera prescelta: IBA BLOCK, ZAHA HADID

Nell’ IBA di Berlino (1986-93), la Hadid si rifiuta di proporre il solito blocco continuo e lineare. Si basa quindi sullo studio del rapporto tra edificio e città creando un nuovo landmark che dinamizza il contesto: infatti da una parte realizza un corpo basso di case a schiera su una base commerciale e dall’altra realizza un angolo estremamente “tagliente” che ricorda la prua di una nave e che rimane abbastanza impressa nella mente del cittadino e del turista.





















CREDITS:
è un complesso caratterizzato da 11 alloggi duplex in linea e da una torre di 7 piani che fuoriesce a sbalzo dalla struttura vetrata della base. Questa torre è rivestita di pannelli metallici color bronzo che creano effetti di luce cangianti. Vengono utilizzate superficie reciprocamente inclinate che, a seconda del punto di osservazione, sembrano spostarsi. La parte più innovativa è la torre angolare sghemba e incombente sulla via, il cui profilo tagliente, simile alla prua di una nave, è ottenuto dall’accostamento di due superfici. La prima, piena e pesante, è la parete rivestita da fasce di metallo anodizzato che inquadrano le aperture delle finestre. La seconda, leggera e trasparente, è formata da una vetrata continua da cui i soggiorni degli appartamenti si affacciano sulla città. L’edificio si relazione con violenza nei confronti della città esistente.
Dal punto di vista compositivo, il blocco è stato destrutturato in due volumi che si scontrano in modo disordinato tra loro, sembrano fluttuare nello spazio con finestre e pareti di sbiego tanto da trasformare la costruzione in una scultura “abitabile”. Zaha Hadid propone inoltre il recupero di frammenti della tradizione moderna e razionalista (tetto-giardino, cellule duplex, scomposizione neoplastica).



Con questo edificio Zaha Hadid propone un’architettura che costringe a cambiare continuamente punto di vista stabilendo di conseguenza sempre nuove relazioni con il contesto. 
I volumi instabili che sembrano scontrarsi, la fragilità statica dell’insieme, i colori e i materiali, le pareti inclinate, le lastre sospese, gli spigoli acuti come lame intendono comunicare metaforicamente la precarietà della vita contemporanea. 








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